La scena è questa. Sabato sera, più verso la mezzanotte che verso l’ora di cena. La stagione non è importante. Disoccupata, single, e a casa senza fare nulla. Sei in mutande, vagamente triste, perché la vita non è che ti stia sorridendo. E allora che fai? Apri il frigo.
E lei è lì, nel contenitore un tempo sottovuoto della rosticceria, che ti tende la mano nell’ora più buia. La polpetta.
Allunghi la mano e te la mangi così, in piedi davanti al frigo, e d’improvviso pare il piatto più buono del mondo. Il risotto Oro e Zafferano di Marchesi? Pfui. La cucina molecolare di Ferran Adrià? Quisquilie. La polpetta è la vera e unica regina, lei può tutto: la mangi bollente, col fumo che esce appena la apri, e la golosità non ti permette di attendere neanche un secondo per evitare di ustionarti il palato, o fredda, magari durante un picnic, o in piedi in cucina. E non ha importanza nemmeno come la fai, perché la polpetta è la vera e unica forma di democrazia: lei riunisce qualunque tipo di ingrediente, e ne fa uscire un capolavoro del gusto. Carne, pesce, verdure, patate, qualunque cosa va sempre bene. C’è rimasto un pezzetto di formaggio? Via dentro l’impasto. Un po’ di verdure della cena? Dai, tritate e giù nella ciotola. Un pezzetto di bollito della domenica? Mai idea fu più sopraffina.
Le mie polpette preferite in assoluto sono quelle di tonno e quelle di bollito, che hanno anche l’indubbio pregio di permettere il recupero degli avanzi, abitudine sana che andrebbe riportata in ogni cucina. Lo spreco è brutto, quello del cibo è inammissibile. Il procedimento è identico per entrambe. Si prendono delle patate, tre o quattro se di dimensioni medio grandi, e si fanno lessare, se possibile con la buccia, meglio ancora a vapore, così l’impasto sarà meno molle. Una volta cotte, si schiacciano in una ciotola capiente. Appena sono tiepide, si aggiungono il tonno oppure il bollito, tritati sottili, uno spicchio d’aglio anch’esso tritato, prezzemolo, uno o due uova per legare l’impasto.
Se preparate quelle di bollito, una manciata di Parmigiano grattugiato e una grattatina di noce moscata ci stanno a pennello. Sulle dosi di ciascun ingrediente, la libertà è massima: essendo la polpetta il vessillo della vera democrazia, ci consente di mettere otto spicchi d’aglio se ci piace e vogliamo essere sicuri di mantenere il distanziamento personale, qualunque tipo di spezia o erba aromatica ci piaccia, tipi diversi di formaggio in quantità ben oltre la modica. Insomma: libertà d’espressione e creatività. L’unica accortezza è quella di mantenere il giusto equilibrio fra la patata e l’altro ingrediente principale, più che altro per evitare che tutto si sgretoli.A questo punto, mescolate bene l’impasto, aggiustate di sale e di pepe, e formate le vostre polpette. A me piacciono tonde e un po’ schiacciate, c’è chi fa delle palline, e chi dei cilindretti stile crocchetta: anche qui, liberi di scegliere forme e dimensioni. Passatele nel pan grattato un attimo prima di friggerle in olio ben caldo. Giratele quando serve, e una volta cotte, mettetele ad asciugare in un vassoio con della carta assorbente. Se volete, potete mettere un pizzico di sale in superficie prima di servirle. Quelle avanzate (se stranamente dovesse succedere) potete ripassarle il giorno dopo in un bel sughetto alla livornese (olio, aglio, prezzemolo e passata di pomodoro), oppure lasciarle in frigo, pronte a illuminare la vostra serata triste.
Il procedimento è identico per entrambe. Si prendono delle patate, tre o quattro se di dimensioni medio grandi, e si fanno lessare, se possibile con la buccia, meglio ancora a vapore, così l’impasto sarà meno molle. Una volta cotte, si schiacciano in una ciotola capiente. Appena sono tiepide, si aggiungono il tonno oppure il bollito, tritati sottili, uno spicchio d’aglio anch’esso tritato, prezzemolo, uno o due uova per legare l’impasto.
Se preparate quelle di bollito, una manciata di Parmigiano grattugiato e una grattatina di noce moscata ci stanno a pennello. Sulle dosi di ciascun ingrediente, la libertà è massima: essendo la polpetta il vessillo della vera democrazia, ci consente di mettere otto spicchi d’aglio se ci piace e vogliamo essere sicuri di mantenere il distanziamento personale, qualunque tipo di spezia o erba aromatica ci piaccia, tipi diversi di formaggio in quantità ben oltre la modica. Insomma: libertà d’espressione e creatività.
L’unica accortezza è quella di mantenere il giusto equilibrio fra la patata e l’altro ingrediente principale, più che altro per evitare che tutto si sgretoli.
A questo punto, mescolate bene l’impasto, aggiustate di sale e di pepe, e formate le vostre polpette. A me piacciono tonde e un po’ schiacciate, c’è chi fa delle palline, e chi dei cilindretti stile crocchetta: anche qui, liberi di scegliere forme e dimensioni. Passatele nel pan grattato un attimo prima di friggerle in olio ben caldo. Giratele quando serve, e una volta cotte, mettetele ad asciugare in un vassoio con della carta assorbente. Se volete, potete mettere un pizzico di sale in superficie prima di servirle. Quelle avanzate (se stranamente dovesse succedere) potete ripassarle il giorno dopo in un bel sughetto alla livornese (olio, aglio, prezzemolo e passata di pomodoro), oppure lasciarle in frigo, pronte a illuminare la vostra serata triste.
Isabella Lari