Ci sono molti piatti che associamo a ricordi. La prima volta che l’abbiamo assaggiato. La persona con cui eravamo.
La situazione. Il clima. E ogni volta che mangiamo di nuovo quella pietanza, il primo boccone riporta in bocca e nella mente il sapore di quel ricordo. Magari solo per un attimo fugace, che se siamo distratti da altro ce ne accorgiamo appena. Ma il ricordo è passato da lì, inesorabile.
Uno di questi piatti per me è la Quiche Lorraine. Torta salata francese nota in tutto il mondo, ha origine come piatto povero fatto con i prodotti delle case dei contadini: farina, burro, cipolla, e un po’ di pancetta del maiale allevato in cortile. Successivamente è stato aggiunto il formaggio, anche se alcuni tuttora non lo mettono, e le uova.
La mia prima Quiche Lorraine l’ho assaggiata a Grasse, un piccolo borgo dove si incrociano le luci della Costa Azzurra con la placida dolcezza della Provenza che da lì inizia a fiorire di lavande e campi infiniti. Grasse è nota in tutto il mondo perché è una delle capitali del profumo. Il gelsomino coltivato a Grasse è considerato uno dei migliori, e in paese sono nate varie “maison” che creano alcune delle fragranze più ricercate, anche per grandi case
cosmetiche. Una bella parte del libro “Il Profumo” di Patrick Süskind – se non lo avete letto correte a rimediare perché è un romanzo meraviglioso – è ambientata a Grasse.
Eravamo in giro e abbiamo deciso di fermarci in una piazzetta a mangiare un boccone, niente di particolarmente impegnativo. C’era una panetteria, di quelle che fanno anche torte e qualche piatto caldo, con dei tavoli all’aperto, e ci siamo seduti lì, turisti tra la gente del posto, impiegati o negozianti che passavano a prendere la baguette da portare a casa o un panino per la pausa pranzo dell’ufficio. Vedo nella vetrina delle piccole Quiche Lorraine, che non avevo mai assaggiato, e decido di prenderne una. Meraviglia! Il guscio croccante di pasta brisée, e dentro quei
sapori decisi ma perfettamente equilibrati, tiepidi e morbidi. Una gioia per il palato.
Come sempre accade quando mangio qualcosa che mi piace davvero tanto in viaggio, mi sono messa alla ricerca della ricetta, e me la sono preparata in casa, ormai tante volte, anche a cene o pranzi di famiglia, ed è sempre gradita. Ed ogni volta, al primo morso torno a quel piccolo tavolo in piazza a Grasse.
La preparazione è molto semplice. Prima di tutto, vi serve la pasta brisée. Se siete davvero tanto impegnati o tanto pigri, potete prendere quella già pronta del supermercato, ma farla in casa è davvero facile. Prendete della farina bianca, ad esempio 300 grammi, fate la fontana e metteteci in mezzo 150 grammi di burro a pezzetti, morbido.
Mescolate velocemente formando il tipico impasto a briciole, e aggiungete 75 grammi di acqua fredda, in cui avrete sciolto un po’ di sale, un cucchiaino più o meno, dipende da quanto la volete saporita. Impastate di nuovo velocemente, fate una palla, poggiatela su un piatto e riponetela in frigo coperta di pellicola. Tutto qui. Le dosi sono sempre quelle: un certo quantitativo di farina, metà di quel peso in burro, metà del peso del burro di acqua. Fine.
Mentre la pasta riposa in frigo, affettate una bella cipolla bianca, molto sottile, fatela rosolare in un po’ di olio, poi aggiungete del vino bianco o dell’acqua e lasciatela stufare per almeno quindici o venti minuti: deve diventare dolce e succulenta. In un altro padellino, rosolate dei dadini di pancetta, possibilmente affumicata, e metteteli poi ad asciugare su della carta assorbente. Tagliate del formaggio tipo Gruyer o Emmental a dadini. 100 grammi dovrebbero essere sufficienti. Infine, preparate quella che i cugini d’oltralpe chiamano appareil: un mix di uova sbattute– un paio – panna fresca, circa 250 ml, aggiungete anche un pochino di latte, una spolverata di noce moscata, sale e pepe.
Prendete dal frigo la pasta brisée, spianatela molto sottile con il mattarello – il riposo in frigo l’avrà resa più elastica e facilmente lavorabile – e mettetela in una teglia rotonda abbastanza grande, almeno di 28 cm di diametro. Non occorre ungerla perché l’impasto è assai grasso, ma se volete sentirvi più tranquilli potete mettere un foglio di carta da forno sul fondo. Tagliate la pasta a livello del bordo della teglia, bucherellate il fondo con una forchetta, appoggiate un disco di carta forno sul piano della pasta e versateci sopra dei ceci secchi, che col peso impediranno alla pasta di gonfiarsi. Infornate così per 10 o 15 minuti a 190°. A questo punto, togliete dal forno la teglia,
eliminate i ceci – occhio che scottano! – e la carta, e dopo qualche minuto, versate nel guscio di brisée precotto la cipolla stufata, i cubetti di pancetta rosolata e quelli di formaggio, distribuendo tutto in maniera uniforme, e per finire, versate l’appareil. Il bordo non va ripiegato verso l’interno: la precottura farà in modo che resti dritto a mo’ di contenitore. Mettete di nuovo in forno a 190° per circa 30 minuti. Vale la solita regola del controllo del piatto. I forni non sono tutti uguali, e bisogna interpretare quando è il momento di sfornare la Quiche. La pasta dovrà essere leggermente dorata, e la superficie della torta ben cotta e colorita.
Sfornate, servite tiepida, o anche fredda, magari accompagnata da un’insalata. E godetevi il profumo…
Isabella Lari