Crostini toscani: uno tira l’altro

Ci sono poche cose che riesco a mangiare senza limiti.
Ad esempio le cozze, che a partire da crude con un goccio di limone fino a ripiene o gratinate, mi
piacciono in tutti i modi e in quantità smodate. Una volta con un’amica abbiamo fatto perfino una cena tutta a base di cozze, che ad elencare il menu sembra la scena di Forrest Gump dove Bubba elenca le pietanze a base di gamberetti: nel nostro caso, cozze fritte, cozze ripiene, cozze al vapore alla marocchina…
Poi, vengono le costine di maiale. Prevalentemente alla griglia o in padella con le rape, ma la mangiata di costine più epica è stata in una birreria di Bolzano: 12 costine al forno. Erano meravigliose, fra l’altro.
Ma il massimo lo raggiungo con i crostini di fegatini alla toscana. Ad una cena io e un’amica abbiamo mangiato tutti quelli serviti alla tavolata (non piacevano quasi a nessuno), e vi garantisco che era numerosa. Sono capace di prendere una fetta di pane intera (pane grande, non pagnottine o baguette) e spalmarla di fegatini raccolti direttamente dalla pentola, in uno strato che consente a malapena di tenere su la fetta di pane.
Giorni fa eravamo in giro nel senese, ed è capitato che pranzassimo solo con dei crostini con i fegatini, che per fortuna avevano dimensioni congrue, e un bicchiere di vino. Una droga, insomma.
E non è che mi faccio dei problemi sulla provenienza: mi mangio perfino quelli delle confezioni delle gastronomie del supermercato, o dei barattolini pronti. Nessun problema.
Ad ogni modo, i preferiti restano comunque quelli fatti in casa, e come ogni ricetta della tradizione, ogni famiglia ha la sua, con le proprie varianti e procedimenti.
Questa è quella della mia mamma, una versione semplice ma gustosa.
Prendete un tegame basso, e rosolateci dentro mezza cipolla bianca in un paio di cucchiai di olio e uno di burro. Aggiungetevi poi 200 grammi di fegatini di pollo, che siano freschissimi e con un bel colore vivo.
In genere io li risciacquo con un po’ d’aceto prima.
Quando sono rosolati, bagnateli con mezzo bicchiere di vino bianco, fatelo evaporare, e aggiungete un cucchiaio di capperi, una manciatina di prezzemolo tritato e un paio di cucchiai di salsa di pomodoro.
Salate, pepate, e cuocete piano piano per circa 15 minuti, bagnando con un goccino di brodo se vedete che asciugano troppo. Alcune massaie aggiungono anche un filetto d’acciuga, e in qualche caso ho sentito anche di un po’ di tuorlo d’uovo sodo sbriciolato: niente vieta che possiate sperimentare come meglio credete.
Quando sono cotti, frullateli – ma non devono essere una crema! – e serviteli con crostini di pane
casareccio arrostito.
A volte la mia mamma li tritava un po’ più grossolanamente e li metteva dentro a dei vol-au-vent ben caldi, una vera delizia!
Un’ulteriore divagazione sul “supporto” per i crostini. Quando ero piccola, ci si interessava molto meno della salute e della dieta, e quindi il pane su cui si servivano i fegatini (a volte la cosiddetta “frustina” a fettine, oppure anche del pane a cassetta bianco tagliato nei classici triangoli) veniva fritto nell’olio, tanto per aggiungere sapore. E non contenti, durante i pranzi di Pasqua e Natale, gli anziani di casa si tenevano da parte un crostino con i fegatini dell’antipasto, per lasciarlo scivolare nel piatto dei tortellini in brodo a inzupparsi ben bene nel brodo.
Inimmaginabile al giorno d’oggi, ma era buonissimo…

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