Uno dei modelli più interessanti di innovazione sociale è quello della cooperativa di comunità (CDC).
Un modello che coniuga economia, sussidiarità, solidarietà, beni comuni.
La CDC ha come obiettivo esplicito quello di portare un beneficio ad una comunità alla quale appartengono tutti i cooperanti.
In questo modo si crea un forte legame di coesione fra gli attori in gioco che, di volta in volta, possono essere i cittadini, al contempo produttori e fruitori dei bene e servizi, le imprese, le associazioni, le istituzioni.
Siccome ogni comunità é peculiare per storia, situazione economica e ambientale cosi le CDC sono diverse le una dalle altre; come diversi sono i motivi per cui nascono: in alcuni casi la chiusura dell’unico bar del paese, in altri la chiusura di una attività economica importante, in altri l’abbandono di luoghi pubblici simbolici o la chiusura di servizi pubblici.
Se ogni CDC è diversa dalle altre è difficile discutere di un modello standard. C’è però un aspetto che accomuna le CDC nate al Nord rispetto a quelle del Sud. Quelle del Nord sono aggregazioni spontanee di singoli cittadini che riguardano piccole comunità, nella quale la CDC diventa spesso totalizzante per l’attività che svolge nel territorio. Quelle del Sud, che si rivolgono a teritori più ampi e popolati spesso nascono su imput delle amministrazioni pubbliche.
Ma al Sud come al Nord rimangono strutture multiservizi che vanno ad incidere sul benessere della comunità.
Un modello estremamente interessante che però, pur essendo presente in Italia dal 1999, manca totalmente di norme nazionali (alcune regioni come Puglia, Emilia Romagna e Liguria hanno emesso delle linee guida).
E’ da notare come se la CDC deve avere un progetto condiviso dalla maggioranza ( in alcuni casi la totalità) della comunità spesso l’atto di nascita è dovuto da un primo nucleo ristretto di cooperanti che fanno proprio il bisogno della comunità
[…] vedi anche Tutto è comunità […]