Amo la zucca. È una verdura versatile, con cui si può preparare un intero pasto, dal primo al dolce, ed è possibile gustarla con mille consistenze diverse.
E poi ha questo colore così allegro, questo arancione carico che sa subito di autunno, boschi dorati e caminetti accesi.
In realtà ho imparato a conoscerla meglio e ad apprezzarne la moltitudine di qualità da quando frequento il nord Italia: lì la zucca trova la sua massima espressione, e la cucinano con grande maestria. Per esempio i tortelli di zucca, con le infinite varianti provinciali: i mantovani con gli amaretti, i cremaschi anche con la mostarda, tutte ricette antichissime che ci raccontano di tavole rinascimentali imbandite dove spezie e aromi la fanno da padrone. E poi gli gnocchi di zucca, la zucca al forno con lo speck… un paradiso culinario.
E per finire, il risotto, matrimonio perfetto fra due grandi protagonisti dell’agricoltura della Val Padana: riso e zucca. Decisamente la mia ricetta preferita.
Ora, il risotto con la zucca, come quasi ogni risotto, ha una preparazione molto semplice, ma anni fa una cuoca mantovana mi rivelò alcuni trucchi che portano questa semplice ricetta ad un altro livello. Un tripudio di profumi che non si dimentica, e siccome è quasi Natale e siamo tutti più buoni, oggi sarò generosa e ve li rivelerò.
Per preparare il vostro risotto, tanto per cominciare vi serve la zucca. Ben matura, potete usare la
mantovana o la delica, o quella del contadino vicino casa, se siete così fortunati.
Prendetene un bel pezzo – a me piace abbondare! – sbucciatelo e tagliatelo a cubettini di circa un
centimetro. Poi, affettate sottilmente uno scalogno, mettetelo in un tegame basso e largo che possa
accomodare il vostro risotto, aggiungete un po’ d’olio di oliva extravergine, e soffriggetelo delicatamente.
Mettete su anche una pentola di brodo vegetale, che al momento della cottura del riso dovrà essere
bollente.
Una volta che lo scalogno sarà rosolato, aggiungete i dadini di zucca. Fateli rosolare velocemente con lo scalogno, aggiustate di sale e di pepe, e poi versate il riso nella pentola, mescolando e facendolo tostare bene per qualche minuto.
Ecco, affrontiamo il capitolo riso. So che starete pensando al vostro pacco di pregiato Carnaroli che sta in dispensa, ma per una volta no. Niente Carnaroli. Datemi retta e procuratevi del Vialone Nano, di produzione veronese.
Nessuno ve lo dice – tranne l’ottimo Dario Bressanini che vi invito a leggere, visto che ha dedicato un lungo articolo proprio sull’argomento riso – ma in realtà il vostro Carnaroli è un mix di varietà di riso diverse, e questo vale anche per quasi ogni altro tipo di riso, fatta eccezione per il Sant’Andrea e il Vialone Nano, e quest’ultimo, ha delle caratteristiche di cremosità che lo rendono assolutamente perfetto per i risotti. Di certo va seguito di più in cottura, ma volete mettere il risultato finale?
Bene, torniamo al nostro tegame.
Una volta che avrete tostato il riso, è il momento del primo piccolo trucco rivelato dall’amica cuoca
mantovana: sfumate con del vino passito. Un dito o poco più, lasciatelo evaporare, e poi iniziate ad
aggiungere poco alla volta il brodo vegetale, mescolando delicatamente.
Nel frattempo, approntate il secondo trucco. Prendete un rametto di rosmarino, e tritate gli aghi il più sottili possibile. Mettete il trito in una ciotolina, aggiungete la buccia di mezzo limone grattugiata, una bella macinata di pepe, e del Grana grattugiato. Per coerenza geografica vi suggerisco un buon Grana mantovano, ma anche il Parmigiano Reggiano andrà più che bene.
Portate a cottura il riso, aggiustate di sale e quando sarà pronto, con la classica consistenza “all’onda”, spegnete il gas – i risotti si mantecano a fuoco spento! – aggiungete un pezzetto di burro, e il mix di Grana, rosmarino e limone che avete preparato. Mentre mescolerete con energia per mantecare il risotto, il profumo che si sprigionerà vi darà una gioia inimmaginabile, preludio di una bontà senza pari.
Servite nei piatti possibilmente riscaldati, e godete di questa gioia per gli occhi e soprattutto per il palato.
Isabella Lari
Foto di Frauke Feind da Pixabay