Striscine anni ’80

Avendo io già una certa età, la mia infanzia l’ho trascorsa nel bel mezzo degli anni ’80, noti, oltre che per l’avvento del consumismo, delle tv del Cavaliere e delle giacche con spalle che pagavano l’ICI, anche per una cucina che pretendeva di essere raffinata ma spesso era un “pastrugno” di ingredienti coperti da un denso strato di panna.
L’epoca delle farfalle salmone e vodka, dei filetti al pepe verde, e della rucola ovunque, soprattutto
incastrata fra gli incisivi dei commensali.
I piatti dovevano essere pieni di ingredienti, annaffiati di liquori, incastonati in gelatine.
Piatti sopra le righe, colorati e luccicanti come gli strass degli abiti da sera della Carrà, piatti dove la
presentazione era tutto, fa niente se poi sotto il centimetro di panna d’ordinanza si celava un salmone di “seconda freschezza” (dieci punti a chi indovina la citazione letteraria).
Resta il fatto che queste ricette esagerate alla fine arrivavano anche nelle cucine delle massaie di periferia, solitamente attraverso le riviste, perché non c’erano a quei tempi i vari Masterchef, le cuoche televisive improvvisate a reti unificate, i blog di cucina dove adesso si disserta di lieviti e fermentazioni con la stessa passione con cui nei bar,il lunedì mattina, si discute dei rigori concessi alla Juve.
Si, c’erano Ave Ninchi e Wilma De Angelis, ma credo che non si siano mai discostate da una bella
lasagna alla bolognese. Niente di quella che all’epoca sembrava avanguardia gastronomica.
Per fortuna adesso i tempi sono cambiati: anche se l’interesse per il cibo e la cucina sono diventati un business milionario che invade quotidianamente ogni mass media, una maggiore attenzione agli
ingredienti, la ricerca di una cucina fatta di prodotti locali e di stagione e possibilmente privi di coloranti e conservanti, hanno migliorato non poco la nostra alimentazione, e di conseguenza, la nostra salute.
Alcune di queste ricette, nonostante dimostrino tutti gli anni che hanno, mi sono rimaste però molto care, perché appartengono a quella cucina di casa della mia infanzia, dei pomeriggi a fare i compiti in cucina, mentre mamma prepara la cena. Una di queste è un secondo che io ho sempre chiamato “striscine con i funghi”. Mia madre trovò la ricetta su qualche giornale, e probabilmente aveva un nome più decente, ma per me il nome era quello.
“Mamma, le fai le striscine con i funghi per cena?” e lei le preparava, e io potevo mangiarne un piatto enorme.
Per cominciare, vi serve un cestino di funghi champignon. Cosa c’è di più anni ’80 dei funghetti
champignon, quelli coltivati, che gli uomini di casa guardavano di traverso perché procurarseli non
costava alcuna fatica: niente sveglia all’alba, niente scalata sui monti, niente rischio di morso di vipere. I funghetti champignon si fanno trovare lì, belli comodi nei loro cestini sugli scaffali del fruttivendolo.
Fatica zero.
Prendiamo dunque i nostri funghetti, e dopo averli puliti, gli tagliamo a fettine regolari. Poi, in una
padella mettiamo dell’olio e un paio di spicchi d’aglio, li facciamo cuocere a fuoco dolce per circa 15
minuti, aggiustiamo di sale e pepe, spolveriamoli di prezzemolo tritato, e li lasciamo da parte a fuoco spento.
Adesso prendete delle fettine di manzo, cinque o sei, abbastanza sottili, e tagliatele a striscioline di circa tre centimetri di larghezza. In un’altra padella fate scaldate un po’ di olio e di burro (la ricetta originale prevedeva la margarina, perché negli anni ’80 si pensava che fosse più sana. Sic.)
Infarinate leggermente le striscioline di carne e mettetele a rosolare. Bagnatele con un bicchierino di vino bianco secco e uno di Marsala. Non saltate il passaggio col Marsala: è lui che conferisce un sapore caratteristico a questa ricetta. Fate evaporare i vini, cuocete velocemente a fiamma vivace, aggiustate di sale e pepe, e aggiungete alla carne i funghetti cotti in precedenza, avendo cura di togliere gli spicchi d’aglio. Mescolate con cura, servite e mangiate con gusto. Un po’ di cucina vecchio stile, alla fine, non ha mai fatto male a nessuno.

Isabella Lari

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