Proviamo a far divenire la triste scienza un po’ meno triste

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L’economista jeremy rifkin, uno dei primi teorizzatori del cambio di paradigma economico.

Dovrebbe  ormai essere chiaro a tutti che il modello di sviluppo ereditato dal Novecento è entrato in crisi; l’ideale di una continua crescita consumista pare mostrare i suoi limiti. Un’epoca si chiude e dovremmo essere capaci di intravedere i segni del nuovo modello. Alcuni fermenti in realtà erano già presente negli anni 80.

L’economista americano Jeremy Rifkin infatti già preannunciava allora l’avvento dei “commons collaborativi” (l’insieme di regole economiche alternative al consumismo: scambio e condivisione che si realizza in beni e servizi, trasporti, turismo, ecc.).

Alcuni frutti di quella profezia cominciano a delinearsi in modo sempre più chiaro e si può iniziare a individuare un paradigma che può essere descritto come small, networked & ethical.                

Lo sviluppo di internet e dell’informatica ha dato un grande sviluppo formando comunità che lavorano per sviluppare tecnologie Open Source, creando piattaforme crowdfunding che permettono la ricerca e il reperimento di fondi per progetti sociali e culturali e aiutando modelli di consumo collaborativo come i GAS.

Si vede come questi modelli uniscono il fattore dello sviluppo tecnologico con alcuni aspetti valoriali: Consumo consapevole, la conservazione di culture o stili di vita locali, la condivisione e l’accesso, la sostenibilità.

Modelli che creano lavoro e utilizzano contemporaneamente la dimensione macro che permette la Rete con le dimensioni locali e la valorizzazione delle varie peculiarità.

Ma oltre a questo aspetto si sta delineando anche un nuovo modello organizzativo che affianca i collaudati modelli del Terzo settore e la Finanza etica: gli ibridi organizzativi, un’evoluzione consapevole delle imprese sociali. Nascono dal Terzo Settore, da cooperative sociali, però possono cambiare tipologia giuridica (schemi societari diversi, non più solo non profit, ma S.p.a., o S.r.l. sociali) ed hanno un maggiore investimento in termini di capitali. Sono, come le imprese classiche, orientate verso l’utente come cliente piuttosto che verso lo Stato come sovvenzionatore, e, soprattutto, collaborando con imprese classiche guardano al for profit.

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