UNA LETTURA CONTEMPORANEA DI BAUDRILLARD: AVATAR E AI. (1)

Jean Baudrillard (1929-2007) è stato un importante filosofo e sociologo francese. A renderlo
celebre sono stati i suoi studi sulla pubblicità, i media e la fotografia (ma si potrebbero
menzionare numerosi studi, come ad esempio quelli condotti sull’America, sulla
museificazione dell’arte, sul concetto di iperrealtà).
A circa vent’anni dalla sua scomparsa, Jean Baudrillard ha conosciuto una riscoperta in
campo accademico più attuale che mai. Le sue idee sono un filtro utile per aiutarci a
comprendere i problemi legati alla digitalizzazione del mondo e all’intelligenza artificiale. Si
dica per inciso che Baudrillard già nei suoi scritti parlava di intelligenza artificiale, ovviamente in un senso diverso dal nostro, cogliendone aspetti che possono essere cruciali per la comprensione delle nuove tecnologie, le quali non cessano di diventare parte integrante della nostra quotidianità.
Per cominciare il nostro studio, possiamo in prima battuta rivolgerci ad un classico della
filosofia, Friedrich Nietzsche, che nel Crepuscolo degli idoli del 1888, scrive un capitolo
intitolato Come alla fine il “mondo vero” diventò favola. Questo breve capitolo si compone di
sei punti (ai quali si rimanda la lettura) nei quali il filosofo tedesco ripercorre storicamente (o meglio: genealogicamente) le mutazioni del rapporto tra mondo metafisico (in cui sono
presenti tutti i “modelli”) e mondo fisico (all’interno del quale si danno le copie dei “modelli”).
L’esito di questo processo ci conduce a ciò:

  1. Il mondo vero lo abbiamo eliminato: quale mondo è rimasto? Il mondo apparente
    forse?… Ma no! Con il mondo vero abbiamo eliminato anche quello apparente!
    (Mezzogiorno; momento dell’ombra più corta; fine dell’errore più lungo; culmine
    dell’umanità; INCIPIT ZARATHUSTRA). (2
    )

Cosa sta dicendo Nietzsche? Secondo il filosofo tedesco il compimento del nichilismo
conduce all’abolizione del mondo metafisico, svuotatosi di valori, in favore di una
rivalutazione del mondo fisico. Inoltre, è proprio la dicotomia ad essere stata rimossa, e
quindi il mondo fisico non è più quello apparente (che ha in sé un senso dispregiativo), non è più la copia rispetto ad un originale: esso stesso assume valore nella sua unicità ed è a partire da ciò che per il filosofo tedesco è necessario creare nuovi valori. In altre parole, per poter vivere rettamente non abbiamo più bisogno della metafisica tradizionale (Dio e tutto ciò che ne consegue).
Cosa è rimasto? Il mondo fisico, l’unico vero mondo. Ma noi, circa centoquarant’anni dopo,
siamo stati in grado di portare a termine questo compito? Abbiamo amato, valorizzato il
mondo nella sua fisicità? O siamo stati spinti a creare altre forme di trascendenza?
È a partire da queste domande che Baudrillard può aiutarci a dire qualcosa di interessante.
Quali sono i concetti che possiamo riprendere dal pensatore francese?
In primo luogo, il concetto di simulacro, di cui Baudrillard, nell’opera Simulacri e impostura,
compie una vera e propria genealogia suddivisa in quattro punti principali (3)

  1. Immagine/copia: la rappresentazione dell’oggetto è in un rapporto di trasparenza col
    suo originale.
  2. Perversione della realtà: l’oggetto rappresentato altera e maschera il suo originale.
  3. Simulacro: l’oggetto rappresentato maschera l’assenza di un originale.
  4. Puro simulacro: quando l’oggetto in questione non è rapportabile ad una qualsiasi
    forma di realtà.

L’esito di questo processo ci conduce ad un altro concetto chiave del pensiero di Baudrillard:
l’iperrealtà. L’iperrealtà si verifica quando il simulacro diventa più reale della realtà stessa e
rivendica il proprio diritto ad esistere.
Un esempio di applicazione di questi concetti è riscontrabile nel funzionamento di molteplici intelligenze artificiali, quali ad esempio la realtà virtuale (VR) e la realtà aumentata (AR). La prima ci proietta in un mondo digitale all’interno del quale tutto ciò che esiste e che io esperisco non ha nessun riferimento al mondo fisico. Quel vaso che io vedo nell’ambiente digitale della realtà virtuale non è la proiezione di un vaso originale, ma soltanto sé stesso. Il vaso digitale è quindi un simulacro, rivendica il proprio diritto ad esistere autonomamente.
Pertanto, il mondo della realtà virtuale, preso nella sua totalità, è un mondo iperreale. Nel
caso invece della realtà aumentata (AR), io posso, attraverso la fotocamera del mio
smartphone, far apparire oggetti nella mia stanza che nel mondo fisico non esistono (si pensi anche al gioco per telefono Pokémon Go), e quell’oggetto, attraverso la mediazione dello smartphone, ha una sua propria realtà, un’iperrealtà.
Un esempio più delicato e problematico è rappresentato dal caso degli Avatar digitali.
Creando un mio avatar io posso caratterizzarlo a mio piacimento, assegnandogli delle
capacità che io nella vita reale non possiedo. Esso è inoltre in grado di interagire con altri
avatar all’interno di un mondo digitale, stringendo legami. Nei casi più estremi, l’utente può
arrivare a basare l’immagine che ha di sé a partire dal successo che il suo avatar riscuote
dagli altri, creando una vera e propria dinamica di riconoscimento tra algoritmi. Il rischio è

inoltre quello di preferire l’esperienza immediata e semplice del mondo digitale, a discapito
della complessità relazionale del mondo fisico (si pensi a quanto ciò possa essere nocivo in
soggetti con problematiche relazionali). Ma quei legami sono veri legami o sono legami
simulacrali? È questa la domanda a cui dobbiamo provare a dare una risposta. Di per sé
stringere un legame in un mondo digitale potrebbe innescare processi emotivi abbastanza
simili a quelli sperimentati nel mondo reale. Ma quando stringo un legame con un altro utente per mezzo degli avatar, alla fine a stringere il legame altro non sono… che gli avatar! Essi, infatti, abitano il loro mondo digitale che è la loro realtà. Gli utenti invece subiscono una scissione tra mondo on-line e mondo off-line. Nel mondo off-line, infatti, questo legame non esiste se io non so chi si cela dietro l’avatar. Potendo inoltre modellare il mio avatar a
piacimento, viene meno anche il principio di trasparenza: l’avatar non sempre è un’immagine fedele dell’utente che lo ha creato; esso potrebbe essere anche l’espressione di un desiderio di una determinata modalità esistenziale: proietto nell’avatar ciò che vorrei essere nella vita reale e che non sono in grado di esprimere. Ma proseguendo su questa strada si arriverebbe ad altre domande interessanti, le quali, tuttavia ci condurrebbero al di là del nostro discorso.
Ad esempio:

  1. Cosa possiamo capire della personalità di un individuo a partire dal suo avatar
    digitale?
  2. Quali sono le ripercussioni sulla salute mentale in caso di abuso?

Un’ultima domanda: questa fuga nel mondo virtuale, non ci riporta a Nietzsche? Siamo stati
in grado di rivalutare il mondo fisico, o siamo stati costretti a creare nuove forme di
trascendenza? Ma allora, gli uomini hanno bisogno di trascendenza? Forse Nietzsche si
sbagliava? O la natura simulacrale (nel senso di Baudrillard) di questo mondo digitale è
l’ennesima espressione del nichilismo?

Note

1) Si veda su questo tema l’articolo di Lucas Freund
https://www.researchgate.net/publication/371584145_Beyond_the_Physical_Self_Understanding_the_Perversion_of_Reality_and_the_Desire_for_Digital_Transcendence_via_Digital_Avatars_in_the_Context_of_Baudrillard’s_Theory .
2) F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli o come si filosofa con il martello (1888), Feltrinelli Editore, Milano 2021, p.32. 3) J. Baudrillard, Simulacri e impostura. Bestie, Beaubourg, apparenze e altri oggetti (1981), PgercoEdizioni, Milano 2024, p.66

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