Cosa resta dopo un mese del 25 aprile

Ormai lontani dalle usuali polemiche che ogni festa del 25 aprile porta con sé, tra richieste di definirsi antifascista e rifiuti di fare ciò, vorrei esprimere una piccola opinione sul mio 25 aprile di quest’anno, per la prima volta, vissuto veramente come una festa e non solo come una commemorazione.

Sia ben chiaro mai ho negato o sottovalutato l’importanza di questa festa ma l’avevo sempre vista più come commemorazione che come festa, certo una commemorazione che porta con sé una riflessione critica sul significato di questa festività e i valori che ne stanno alla base ma insomma l’avevo sempre vissuta come depotenziata.

Quest’anno invece ne ho vissuto una dimensione diversa. Spinti dalla voglia di fare qualcosa di alternativo alle solite scampagnate e dai numerosi appelli di esponenti della maggioranza di governo a festeggiare con “sobrietà e moderazione” a causa del lutto nazionale imposto per la morte di papa Francesco (tematica su cui, per quanto apprezzassi il pontificato di Francesco, potrebbe esserci da discutere) abbiamo deciso, con alcuni amici, di festeggiare la Festa della Liberazione alla Casa dei Fratelli Cervi.

Come ogni anno l’Istituto Cervi aveva organizzato una festa con musica, cibo e un piccolo mercatino.

Sul palco agli ospiti musicali si alternavano interventi di esponenti politici locali, rappresentanti di associazioni che agiscono sul territorio, rappresentanti di sigle sindacali e giornalisti.

La struttura della festa si organizzava dunque su un grande prato che si stende davanti la casa della famiglia Cervi, oggi adibita a museo, aperto ed accessibile per tutta la giornata con sempre lunghe file all’ingresso, sul quale si dividevano 3 aree, quella del mercatino (sia alcuni banchetti di artigianato che di associazioni, politiche e non, che agiscono sul territorio), l’area cibo (sempre circondata da file enormi, tant’è che alle 18 era quasi tutto terminato, ad eccezione dell’immancabile gnocco fritto) ed infine il palco.

La prima cosa che salta all’occhio recandosi in questo luogo è la folla. Lo avrete probabilmente già intuito dal riferimento alle file nelle righe precedenti ma non mi sarei aspettato di vedere questa partecipazione, dal palco hanno affermato, durante la giornata, che sono state più di 25mila le persone presenti, l’edizione più numerosa avuta fino ad oggi. Testimonianza suggerita anche dagli avventori abituali,con cui ho avuto modo di scambiare qualche parola durante la fila per lo gnocco fritto, mai si erano viste così tante persone, con espliciti riferimenti a colleghi di lavoro che mai erano venuti negli anni passati e che quel giorno invece erano lì.

La seconda considerazione sulla folla era la sua eterogeneità, non vi erano solo anziani ma giovani coppie, famiglie, gruppi di amici, chi accampandosi sul prato e portando il pranzo da casa, chi recandosi agli stand.

Cosa può dirci tutto questo?
Innanzitutto racconta di una società civile che esiste, magari è silenziosa, disillusa, fa poco parlare di sé ma è presente e non è indifferente. La scelta di venire, anche solamente a fare un pic-nic in un luogo del genere ha una connotazione politica, non si viene per caso in un luogo simbolo della Resistenza se non si crede nei valori di questa. Secondariamente l’eterogeneità, le famiglie, i bambini che si incontrano e giocano tra loro crea una memoria, crescendo si ricorderanno di aver speso delle giornate in questi luoghi e si creerà una cultura del 25 aprile come una festa, una tradizione. Nonostante le lunghe file sono riuscito ad entrare anche nel Museo e anche qua, oltre ad approfondire la storia della famiglia Cervi e ad apprendere il ruolo dell’Istituto Cervi nel tramandare la storia e i valori della resistenza colpisce la diversità delle persone che la visitano, chi vi entra per scoprirne la storia (come, in parte, è stato il mio caso), chi ormai ne fa un pellegrinaggio fisso ogni anno, chi vie entra per raccontarne la storia ai figli.

Per la prima volta allora mi sono trovato davanti ad un 25 aprile che non era una commemorazione ma una festa, una festa consapevole, dove c’era la voglia di festeggiare ma anche la voglia di rendere omaggio e riflettere sui temi della Resistenza e raccontarli.

Spesso si sente parlare dello spostamento a destra del paese, del disaffezionamento alla politica e ai valori democratici, credo che questa allora possa essere la risposta. In un clima sicuramente incerto e teso a livello nazionale e internazionale esiste una società che non sta ferma, che risponde

Magari è più silenziosa e meno rumorosa di altre realtà. Fa meno rumore e, forse, non si vuole raccontarla ma esiste e non va mai sottovalutata.

Nello stesso Paese dove poche centinaia di persone hanno riempito le pagine dei giornali per aver commemorato facendo il saluto romano la morte di Sergio Ramelli, più di 25mila persone hanno scelto di festeggiare il 25 aprile a Casa Cervi.

Ovviamente con sobrietà e moderazione.

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