Il tema della disuguaglianza, economica e sociale, è ancora centrale nei nostri giorni e nel dibattito odierno, come ci ricordano report a cadenza quasi mensile dove si mostra come sia sempre più amplia la forbice tra la classe più ricca e quella più povera e l’affannosa ricerca di modelli che permettano di invertire o almeno ridurre questo andamento.
Con questo articolo vorrei invitare a riflettere sul tema dell’origine della disuguaglianza fornendo una breve introduzione ad un testo filosofico, un testo classico della filosofia illuminista, il Discorso sull’origine delle disuguaglianze di Rousseau.
Il testo, pubblicato nel 1755. scaturì da un bando dell’Accademia di Digione del 1753 per il 1754. Il tema da dibattere era l’ origine della disuguaglianza fra gli uomini e se questa fosse autorizzata dalla legge naturale, ossia dalla natura.
Il Discorso si articola in 2 parti (oltre ad una lettera dedicatoria alla città di Ginevra e una prefazione), nella prima Rousseau fornisce un’analisi della condizione dell’uomo nello stato di natura, nella seconda invece Rousseau analizza la condizione dell’uomo all’interno della società ormai iniziata (in altre parole nella società moderna).
L’obbiettivo di Rousseau è quello di fornire una definizione dell’uomo e capire il suo funzionamento cercando di capire se la disuguaglianza sia costitutiva dell’uomo o se appaia in seguito. L’uomo analizzato per ottenere questo risultato non è l’uomo contemporaneo di Rousseau, imbastardito dalle leggi e dalle consuetudini, ma l’uomo nel suo stato originario, una condizione limite della ragione alla quale si può arrivare solo per congettura ma i cui risultati sono certissimi, nella quale l’uomo si trova allo stato naturale, al di fuori della vita in società.
L’uomo delle origini, secondo Rousseau, vive una vita principalmente solitaria, in uno spazio naturale più grande di quanto possiamo immaginarcelo oggi e vive in una temporalità basata sul presente, guidato dall’istinto di soddisfare i suoi bisogni nell’immediato, senza una concezione del futuro.
Caratteristiche di questo uomo sarebbero l’amor di sé, identificabile in una tendenza alla autoconservazione e la pietà, un rigetto nel vedere gli altri soffrire. Queste due caratteristiche permettono all’uomo di sopravvivere e di non nuocersi l’uno all’altro.
In particolare in questa prospettiva molti motivi di conflitto sarebbero depotenziati, se pensiamo ad esempio alla vendetta questa non avrebbe alcun motivo di esistere, la vendetta nasce per riparare un torto subito, ristabilendo il proprio onore agli occhi degli altri ma nel mondo delle origini non ve en sarebbe alcuni bisogno a causa della vita solitaria dell’uomo. Similmente non ci sarebbe la necessità di punire il torto in quanto all’interno di uno spazio immenso posso facilmente recuperare ciò che mi è stato tolto (perché picchiarsi se qualcuno mi ruba una mela, mettendo a rischio la mia vita, se posso semplicemente andare ad un altro albero e coglierne un’altra?)
In queste condizioni di vita non esisterebbero disuguaglianze che non fossero di natura fisica, sul piano morale tutti gli uomini avrebbero la stessa dignità.
La prima parte in particolare si chiude osservando come la natura fornisca all’uomo tutto il necessario per la sua sopravvivenza, scoraggiando l’evoluzione in una vita di società, l’uomo tenderebbe a vivere una vita solitaria e sarebbero rari i momenti di incontro con gli altri.
Nella seconda parte del testo viene analizzato l’uomo all’interno della società attuale.
Per Rousseau il passaggio alla vita di società non è una tappa evolutiva necessaria è un qualcosa che poteva avvenire come no, che non avviene in un’unica maniera e non ha un evento scatenante ma è un passaggio causato dal succedere di tanti piccoli eventi, che potevano anche non accadere ma che, una volta accaduti, sono irreversibili.
Tra questi eventi sono da sottolineare in primo luogo la nascita del linguaggio, che favorisce le interazioni tra gli uomini, e la nascita della famiglia come nucleo riconosciuto, che mostrano all’uomo la possibilità di un’esistenza più comoda di quella allo stato di natura. Tuttavia da Rousseau sono citati due avvenimenti come fondamentali per l’instaurazione della disuguaglianza: la scoperta dell’agricoltura e la scoperta della metallurgia. Caratteristica di questi due eventi è quella di far irrompere la temporalità e la divisione del lavoro all’interno della società.
Questi due eventi introducono l’idea della pianificazione e della divisione del lavoro. Nell’agricoltura ad esempio io rinuncio ad avere un seme oggi per mangiare una mela domani, similmente sarà necessario produrre cibo anche per coloro che producono metalli che non lavorano la terra durante il giorno.
In questa maniera però saranno legittimate e si creeranno divisioni tra chi possiede il campo e chi lo lavora creando le disuguaglianze economiche.
La disuguaglianza economica sarebbe allora introdotta in maniera arbitraria dall’uomo, non rispettando alcun criterio naturale ma anzi contravvenendo a quella che sembrava essere la legge naturale. Questa disuguaglianza sarebbe poi sancita dall’alleanza, dal patto politico tra le classi più ricche e quelle più povere, descritte da Rousseau come un vero e proprio raggiro, il cui unico fine è quello di salvaguardare la posizione delle classi più ricche.
Caratteristica di Rousseau è quella di essere un pensatore malinconico. E’ impossibile tornare allo stato originario (per Rousseau preferibile a quello attuale) anche se, attraverso la politica, c’è la possibilità di avvicinarsi ad esso il più possibile. Ginevra rappresenta, nella lettera a lei indirizzata, l’esempio di una città stato retta da un buon governo. La città presenta un sistema politico definito il meno dannoso possibile, descritto all’interno della lettera dedicatoria, dove, date anche le dimensioni della città, i cittadini possano avere un controllo reale sulle istituzioni.
In conclusione vorrei nuovamente invitare alla lettura di questo testo, un testo non troppo lungo, di facile lettura che può fornire uno spunto riflessione attorno ad un tema che, a distanza di quasi 300 anni, ancora fa discutere.
