Les Fleurs du Mal è probabilmente una di quelle opere che è entrata nell’immaginario collettivo di milioni di persone grazie all’influenza che essa ha avuto nella cultura di massa: possiamo pensare a diversi rapper che si sono confrontati con la poetica di Charles Baudelaire o con i poeti maledetti in generale; ma non è di rap che oggi parlerò.
Mi piacerebbe introdurre questa poesia che ho scelto per questo nostro primo appuntamento, appellandomi a uno dei più noti cantautori italiani del XX secolo, una figura per certi aspetti simile a Baudelaire per il ruolo di rottura che entrambi hanno egregiamente interpretato. Il cantautore in questione è il grandissimo Fabrizio de André e la sua canzone Le passanti, dedicata a tutte le donne che ognuno di noi ha amato anche per un secondo e che non è mai riuscito ad avere, a trattenere.
Come molti avranno già indovinato, la poesia in questione non può essere che A una passante (À une passante), contenuta nella seconda sezione dei Fleurs intitolata Quadri parigini (Tableaux parisiens). Ma di che cosa parla questa poesia?
Immaginiamo di essere catapultati nella Francia della seconda meta del XIX secolo, in particolare a Parigi la quale a partire dagli anni 50, in seguito al colpo di stato di Napoleone III che porta all’affermazione del Secondo impero, sta attraversando una serie di cambiamenti che la porteranno ad essere la metropoli che conosciamo. Baudelaire odiava questa <<modernizzazione>> di Parigi e all’interno del suo Canzoniere afferma con forza che, oramai, la vecchia Parigi non esiste più.
Tornando alla Parigi del XIX secolo, immaginiamo di essere immersi nel caos della città e che una donna meravigliosa ci appaia di fronte causando in noi un momentaneo stato di elevazione, di alienazione dalla metropoli: un vero e proprio squarcio di bellezza nel frastuono generale, in un contesto dove il bello deve essere cercato e colto nella sua provvisorietà: la frenesia della metropoli eclissa la bellezza.
Questo incontro dilata e contrae lo spazio, poiché l’io poetico si isola rispetto a ciò che accade intorno a sé ed alla figura della donna; tuttavia anche il tempo subisce una dilatazione e una contrazione fino a scomparire completamente donando un accesso, seppur provvisorio, all’eternità, rappresentato da un gioco di sguardi consci dell’amore che potrebbe nascere e dalla metafora della statua utilizzata per rappresentare la donna. La statua, infatti, rimanda alla fissità, alla staticità, all’assenza di spazio e di tempo, ovvero all’eternità.
Ma ora diamo la parola al testo

La bellezza provvisoria è destinata a naufragare in un desolato rammarico per un amore mai esperito. I confini della donna che aveva preso le sembianze di una statua, degna di contemplazione e di ammirazione, sono ormai destinati a confondersi con la metropoli.
Volendo accantonare la condanna della modernità di Baudelaire (per quanto essa ricopra un tema capitale all’interno di tutta l’opera), potremmo affermare che il poeta sembri invitarci alla ricerca della bellezza sempre più celata nel mondo, e noi non possiamo che ringraziarlo.
Grazie Charles, la tua arte è più attuale che mai.
